MCM20027

Come far sprofondare una città nella vergogna, per colpa di una bestia

I giornali potrebbero vivere, di notizie terribili come: femminicidi, violenze sulle donne, scandali politici per collusioni con mafiosi, poco sport, in prima pagina fioccano notizie terribili che fanno male a persone umane come molti, non dico tutti.

Perché tra i tutti, vi sono ancora delle bestie, e qui l’ignoranza non ha scusanti, si tratta di bestie umane, per distinguerle da quelle animali. TITOLO IN PRIMA PAGINA:

Picchia a sangue la compagna incinta di 5 mesi di una bambina, rischiando di farla abortire, perché non gli dà un altro maschio e la minaccia di uccidere il primogenito di otto mesi.

Su Tagodà è andata ospite una donna, che ha rischiato veramente la morte da parte del suo compagno che è stato arrestato, ma tra un anno esce e lei è terrorizzata. Si è rifatta una vita, ha ripreso fiducia nella vita nonostante tutto pure sugli uomini e convive con un nuovo compagno con il quale ha avuto due gemelli. Questa ragazza ha voluto fare un appello di una certa urgenza, in quanto teme per se e adesso pure per il suo nuovo compagno, la violenza e malvagità di quell’essere immondo. L’appello che ha lanciato è il seguente: lo stato sprona a denunciare le violenze e maltrattamenti, poi ci abbandona a noi stesse, senza dare seguito ad una protezione accurata. Si adesso hanno il braccialetto elettronico, ma il tempo che comunica la posizione dove si trova, la distanza dalla vittima, che per diffida ricevuta deve rispettare, lui avrà portato a compimento la sua vendetta.

Il mio pensiero và giustamente alla logica delle legge, delle sue applicazioni e al modus operandi che vige da noi in Italia. Si deve attendere che tutte queste poverette restino uccise, per scoprire l’acqua calda che questi soggetti violenti, debbano restare in carcere, per trent’anni e non per soli 4-7 anni, sempre che per buona condotta, furbescamente pilotata, non escano prima? Questa ragazza nel suo appello, fa riferimento ad un percorso insieme ad un psicologo all’interno del carcere, per riportarlo quasi ad una realtà obiettiva e non vendicativa che potrebbe covare durante periodo della pena da scontare.

Lo stato non ha le risorse, non ha strumenti, e la colpa di chi è? Da chi ha fatto tagli, non pensando alla sicurezza dei suoi elettori, nella sanità, nei servizi in generale, soprattutto nel controllo del territorio, importantissimo per la lotta alla criminalità e dare funzionalità e seguito, all’invito a denunciare, facendole sentire veramente protette e al sicuro da ritorsioni e vendette. Allora si che molte donne, che poi se li ritrovano a casa, tranquillamente, li denuncerebbero tutte, sentendosi realmente al sicuro.

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